Mario Bortoletto è un uomo distinto e simpatico di settanta anni che vive e lavora a Padova, dove ancora svolge la professione di imprenditore edile. Nel 2004 la sua vita è cambiata radicalmente e, da quel giorno, ha preso il coraggio a due mani cercando di aiutare altre persone che, fidandosi ingenuamente, sono rimaste vittime di politiche bancarie tese a estorcere più denaro possibile da posizioni debitorie, ma non solo….
Come è iniziata la sua storia?
«Sono un imprenditore e spesso ho lavorato con i soldi dati in prestito dalle banche con cui ho collaborato. Soldi che ho sempre restituito con regolarità, fino al giorno in cui, inspiegabilmente, per un debito intorno ai 22.500 euro, inizia uno stalkeraggio da parte del direttore della banca da cui avevo avuto il finanziamento. Mi faceva continue telefonate e dal tono sempre più pressante e arrogante, fino a intimarmi un rientro immediato della somma di denaro, altrimenti mi avrebbe immediatamente “protestato”. Per un imprenditore essere segnalato alla Centrale Rischi presso Banca d’Italia e alle Centrali Rischi private è un danno esponenziale. Non nascondo che la mia ansia cresceva con il passare dei giorni, tutti impegnati a uscire da questa situazione; cercando di non farmi prendere dalla paura (cosa che consiglio a tutti). Poi, decisi di passare al contrattacco».
Come?
«Feci eseguire una perizia econometrica (un’analisi economica molto accurata) su tutta la storia del conto corrente in questione. I risultati furono sconvolgenti: non solo non dovevo un euro alla banca, ma a causa di ripetuti illeciti fatti dalla banca stessa, sempre a loro favore, dalla perizia risultavo essere io creditore nei confronti dell’istituto di credito di una somma pari a tre volte il debito. Feci presente l’analisi alla banca, che non voleva sentire ragioni e continuava sulla propria linea. Finimmo in tribunale dove ebbi, tra credito dovuto e risarcimenti vari, una cifra intorno ai 90.000 euro».
Incredibile, ma come era potuto succedere?
«Incredibile?! Dopo questo primo caso, mi è successa la stessa cosa per altre sette volte con banche diverse. Otto volte su otto ho vinto in tribunale, presentando le mie perizie accurate, fornendo le prove dei continui e ripetuti illeciti dalle banche».
Nello specifico?
«In primis il contratto presentava una serie di pattuizioni illecite, e alcuni contratti di finanziamento risultavano mancanti e, quindi, tutti gli oneri sostenuti per quelle particolari posizioni dovevano essere restituiti; poi erano stati applicati interessi anatocistici (ovvero interessi calcolati su altri interessi) e commissioni non dovute e illegittime; infine era stata rilevata anche la presenza di interessi oltre la soglia consentita da legge, quindi USURA».
Secondo lei perché questi “comportamenti” da parte delle banche?
«La cultura e il modo di fare banca è profondamente cambiato negli ultimi 20 anni. Prima di questo periodo, il cliente era trattato con profondo rispetto, c’era un antico rapporto di fiducia, che si è perso nel tempo. Oggi, ogni cliente è una opportunità su cui realizzare il massimo profitto possibile, con ogni mezzo a disposizione, forzando alcune situazioni fino all’inverosimile. Anche il rapporto tra la banca e i propri dipendenti è cambiato profondamente; sono spesso costretti, da continue e pressanti telefonate dei dirigenti, a fare azioni di “forte persuasione” nei confronti dei clienti per far loro acquistare prodotti che fanno guadagnare molto la banca e pochissimo il cliente. Anche i dipendenti sono vessati per portare a casa il budget prestabilito nei tempi voluti della banca. I clienti più vulnerabili sono gli anziani, i soggetti a bassa scolarizzazione o le persone che manifestano palesemente verso la banca quella fiducia antica e non si sono accorti che tutto è cambiato».
Qual è stata la motivazione principale che l’ha portata a organizzare il “Movimento contro gli abusi e l’usura bancaria”?
«Il primo motivo, il più importante, è quello dovuto ad alcune persone che, trovandosi nella mia stessa situazione di angoscia, pressati dalle banche che esigevano l’imminente restituzione di soldi dovuti, hanno fatto scelte estreme… lasciando nella disperazione vedove e orfani. Successivamente, è stato riscontrato, attraverso la perizia econometricasui loro conti, che queste persone erano creditrici e non debitrici rispetto i loro istituti bancari. La seconda motivazione è di carattere più tecnico: parlando con amici e colleghi di quello che mi era successo, venivo ricontattato privatamente (molto spesso per pudore) da persone disperate che avevano sentito la mia storia e volevano un aiuto concreto».
Come procede il lavoro del Movimento?
«Abbiamo elaborazioni e contatti con più di 30.000 casi, dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, abbiamo dei professionisti preparati in modo specifico sulle varie tematiche bancarie e abbiamo avuto conclusioni positive sia intribunale che su accordi stragiudiziali nel 78,5% dei casi su cui abbiamo operato,facendo recuperare i soldi a coloro che erano vittime di grossi errori bancari».
Possiamo quantificare?
«Conosco le cifre di ogni singolo caso al centesimo ma in ambito stragiudiziale, che costituisce la stragrande maggioranza dei casi (la banca chiama a una transazione prima di finire in tribunale), gli accordi sono sigillati da un patto di riservatezza estrema che la banca esige al momento della richiesta di chiusura della vicenda».
Perché?
«Perché i giganti, molto spesso, hanno le caviglie e i piedi di argilla… su 10 correntisti che si svegliano e risolvono positivamente la loro posizione, ce ne sono 1000 che non sanno di perdere continuamente denaro oppure che non trovano il coraggio di denunciare. Il sistema bancario ha tutto l’interesse che questi fatti non vengano assolutamente conosciuti e la questione resti riservata ai pochi che hanno avuto il coraggio di andare fino in fondo. Dopo circa dodici anni di attività, comunque, le maggiori soddisfazioni non sono quelle costituite dalle cifre recuperate…».
Quali sono?
«Pur avendo sconfitto tante volte e anche in modo pesante, colossi del sistema bancario italiano, le grandi soddisfazioni per me sono state 7 o 8, e non hanno cifre ma nomi e cognomi. Sono quelle persone che erano a pochissimi metri da gesti estremi (in alcuni casi già programmati) e grazie al nostro aiuto non hanno ceduto alla disperazione ma hanno scelto di combattere insieme alle loro famiglie».